Richie Collins la voce discordante degli ultimi anni 80′ e gli anni 90′ contro l’establishment del surf.
Un personaggio che ha fatto della coerenza rabbiosa e non standardizzata il suo marchio di fabbrica.
Nato nel 1969 a Newport Beach, Richie Collins viene fin da subito spinto nel calderone della tavola da papà Lance, noto shaper e surfista californiano: il bambino è già sulla tavola da surf prima che possa camminare, seguendo il suo vecchio per tutta la giornata. Campione della West Coast a dodici anni (l’NSSA non gli permetteva di surfare per la sua età) decide di diventare subito professionista, assecondando una naturale rabbia e competitività che lo spingono a competere con i migliori. A metà degli anni 80′ rafforza la sua fama di giovane talento partecipando a vari contest, seguito da Greg Mungall, Jim Hogan e Ken Bradshaw.
Nel circuito PSAA si stabilisce nei piani alti delle classifiche, fornendo prove di talento e cattiveria agonistica sorprendenti per un giovane ventenne: la sua voglia però lo spinge a giocarsi tutto nel circuito ASP. Trentesimo nella prima stagione, si consacra definitivamente nel Tour del 1988: il suo stile personale e caratterizzato da aerials e floaters inseriti in modo istintivo nel suoi programmi di gara lo rendono una mina vagante ed un nemico dichiarato alle dinamiche dell’establishment. Indimenticabile la sua gara all’ O’Neill Coldwater Classic di Steamer Lane, dove sciocca tutti mostrando un Mohawk nell’ultimo giorno e vincendo a mani basse. L’istinto paga e Richie ha dipendenza dalle sue sensazioni.
Soprannominato “Skeletor” per il suo stile robotico con gomiti e ginocchia alte ed un look fluo ed aggressivo. Richie vinse numerosi eventi PSAA, trascorse tre stagioni nella top 10 ASP ed trionfò in battaglie epocali contro i giganti di questo sport. Nel 1989, ha fermato Tom Curren nelle finali dell’Op Pro e nel 1992 ha vinto il Bells Beach Classic, nonostante abbia lasciato l’acqua dieci minuti prima con un nervo schiacciato. Il Collins fuori dall’acqua si fa ancora più sentire: parla apertamente della masturbazione, fa intendere che il suo status professionale gli ha concesso privilegi speciali nel surf e afferma senza ipocrisie di surfare solo per il gusto della competizione. Troppo, per i puristi della tavola. Di conseguenza, gran parte della sua carriera è stata spesa senza sponsor in uno sforzo costante per sbarcare il lunario.
Il grande pregio di Collins? Senz’altro l’aver impostato la sua ricerca sullo shaping con coerenza e seguendo un lungo percorso, vincendo su tavole da lui progettate e costruite dall’infanzia fino ad oggi (a differenza di mostri sacri quali Mark Richards e Bob Simmons). Rimettendo in discussione tavole considerate top per l’epoca e creando in base alle sue sensazioni in acqua: una visione condivisa da pochissimi professionisti della sua generazione. Dopo essersi formato con le sue etichette – Contra e California Hot Shapes – Richie è tornato a lavorare sotto il logo di Wave Tools di suo padre. Vive vicino alla fabbrica di Costa Mesa con la moglie Caroline e le tre figlie. La primogenita, Meah, sembra incarnare al meglio il talento di famiglia (ha vinto recentemente i North American Regional Championship), seguita al padre in modo intenso e con dedizione completa. In un equilibrio personale raggiunto e fondato su una rabbia tenuta a bada da letture della Bibbia e consapevolezza di aver dato un contributo tangibile al surf moderno.